Sono poi giunto ad eccitare anche la sensazione della luce coll’istesso artificio dell’armature metalliche dissimili, con cui si eccita il sapore. Ecco come procedo: applico al bulbo dell’occhio l’estremità di una listerella di foglia di stagno (ottima è la carta stagnata detta impropriamente carta d’argento) e pongo in bocca una moneta, od un cucchiaio d’argento; indi adduco al contatto i due capi metallici; ciò basta perchè nell’istante medesimo, e ad ognivolta che rinnuovo un tal contatto, io abbia la sensazione di un chiarore o lampo passeggiero, più o men vivo, secondo che stan meglio applicate le due armature metalliche, e secondo che chiudo a dovere le palpebre, o mi trovo più all’oscuro. Questa sensazione è sicuramente prodotta dal fluido elettrico, che trascorrendo dalla parte anteriore dell’occhio, cui sta applicato lo stagno, alla posteriore, e quindi alle parti della bocca che combaciano l’argento, investe nel suo passaggio la retina, e ulteriormente un più o men lungo tratto del nervo ottico, e lo stimola. L’esperienza riesce meglio assai, applicando lo stagno ad un occhio, e l’argento all’altro, invece di porlo in bocca, venendo per tal modo anche le retine affette. Ma per evitare di far male ad una parte cotanto delicata quale è l’occhio, col contatto immediato dei metalli, ho pensato di far queste prove in altro modo, e sonovi riuscito con buon esito, anzi migliore, premendo il nudo bulbo con un piumacciuolo ben inzuppato d’acqua tiepida, e ad esso piumacciuolo tenendo applicata la lamina metallica.
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