Un omiciattolo moro famiglio dell’Inquisizione, che gli era accanto, prese civilmente la parola, e gli disse: — Al vedere il signore non crede al peccato originale; perchè se ogni cosa è per lo meglio, non v’è dunque nè caduta nè castigo. — Domando umilissima scusa a vostra eccellenza, rispose anche più civilmente Pangloss, perchè la caduta dell’uomo e la maledizione entravano necessariamente nell’ottimo de’ mondi possibili. — Vossignoria non crede dunque la libertà? riprese il famiglio. — Mi scusi vostr’eccellenza, replicò Pangloss, la libertà può sussistere, con la necessità assoluta, perchè era necessario che noi fossimo liberi, perchè finalmente la volontà determinata...
Pangloss era in mezzo a questo discorso, quando il famiglio fece un cenno al suo staffiere che lo serviva a tavola con del vino di Porto.
CAPITOLO VI.
Come si fece un bell’auto-da-fè per impedire i tremoti e come Candido fu frustato.
Dopo il terremoto che avea distrutto tre quarti di Lisbona, i dotti del paese non avevan trovato mezzo più efficace per impedire una total rovina, che di dare al popolo un bell’auto-da-fè. Era stato deciso dall’Università di Coimbra che lo spettacolo di qualche persona bruciata a fuoco lento in gran cerimonia era un segreto infallibile per impedire che la terra non si scuota. Aveano in conseguenza catturato un biscaglino convinto d’aver sposato la comare, e due portoghesi che, mangiando un pollastro, ne aveano levato il lardo; si venne poi dopo pranzo alla cattura del dottor Pangloss, e di Candido suo discepolo; di quello per aver parlato, e di questo per aver ascoltato in aria d’approvazione.
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