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Candido mette immediatamente la sella al cavalli; Cunegonda, la vecchia, ed esso fan trenta miglia tutte d’un fiato. Mentre s’allontanavano, arriva alla casa la Santa Hermandad, si sotterra monsignore in una bellissima chiesa, e si butta Issaccar al Campaccio.
Candido, Cunegonda e la vecchia eran già nella piccola città d’Avacèna in mezzo alle montagne della Sierra Morena, e così se la discorrevano in un’osteria.
CAPITOLO X.
In quale indigenza Candido, Cunegonda e la vecchia arrivarono a Cadice e del loro imbarco.
— E chi poteva dunque rubarmi le mie doppie e i mie diamanti? dicea Cunegonda piangendo. Come faremo a campare? dove raccapezzare degli inquisitori, e degli ebrei che me ne dieno degli altri? — Ahimè, diceva la vecchia, io ho gran sospetto di un reverendo zoccolante che dormì con noi a Badajoz nell’istessa locanda. Dio mi guardi di fare un giudizio temerario, ma egli entrò due volte nella nostra camera, e partì molto tempo prima di noi. — Ahimè, diceva Candido, me l’aveva sovente provato Pangloss, che i beni di questa terra son comuni a tutti gli uomini, e che ciascheduno v’ha l’istesso diritto. Quel zoccolante doveva bene secondo questo principio, lasciarci da finire il viaggio. Non vi riman dunque nulla nulla, bella Cunegonda? — Nemmeno un picciolo, diss’ella. — A qual partito appigliarci? diceva Candido. — Vendiamo un de’ tre cavalli, disse la vecchia; io monterò in groppa dietro alla signora e arriveremo a Cadice.
Vi era nell’istessa locanda un priore de’ Benedettini, che comprò il cavallo a buon mercato.
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