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      Candido disse a Cacambo: — Vedete, amico, come le ricchezze di questo mondo son caduche: nulla vi è di stabile come la virtù, e la fortuna di veder Cunegonda. — Lo confesso anch’io, rispose Cacambo; ma ci restano ancor due montoni con più tesori che non avrà mai il re di Spagna e vedo da lontano una città, che io suppongo Surinam, appartenente agli Olandesi. Eccoci al termine dello nostre fatiche e al principio della nostra felicità.”
      Avvicinandosi alla città s’incontrarono in un negro disteso in terra, che non aveva che la metà del suo abito, cioè un par di braghe di tela azzurra; mancava a questo povero uomo la gamba sinistra, e la mano dritta. — Mio dio! gli dice Candido, che fai tu là, amico, in questo stato orribile in cui ti vedo? — Attendo il mio padrone il signor Vanderdendur il famoso negoziante, risponde il negro. — E questo signor Vanderdendur, dice Candido, ti ha conciato così? — Sì, signore, risponde il negro, quest’è l’uso: ci vien dato un par di brache di tela per vestito due volte l’anno: quando lavoriamo alle zuccheriere, e che la macina ci acchiappa un dito, ci si taglia la mano; quando vogliam fuggire ci si taglia la gamba; a questo prezzo voi mangiate dello zucchero in Europa. Intanto, allorchè mia madre mi vendè per dieci scudi patacconi sulla costa di Guinea, ella mi diceva: figliuol mio, benedici i nostri feticci, adorali tutti i giorni, essi ti faran vivere fortunato; tu hai l’onore d’essere schiavo de’ nostri signori i bianchi, e tu fai la fortuna di tuo padre e di tua madre.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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