Gli si presentò una folla tale di pretendenti che una flotta non avrebbe potuto contenerla. Candido, volendo fare una scelta di quelli che ne avevano più l’apparenza, distinse una ventina di persone che a lui pareano assai sociabili, e che pretendevano tutte di meritar la preferenza. Egli le adunò nella sua osteria, e diè loro da cena, a condizione che ciascuno giurasse di raccontar fedelmente la sua istoria; promettendo di sceglier quello ch’ei avrebbe giudicato il più scontento del proprio stato a più giusto titolo, e di dare agli altri qualche gratificazione.
La seduta durò sino alle quattro del mattino; e Candido, ascoltando tutte le loro avventure, si ricordava di ciò che gli aveva detto la vecchia, andando a Buenos-Aires, e della scommessa che aveva fatta, che non v’era alcuno sul bastimento a cui non fossero occorse delle grandi sciagure; pensava egli altresì a Pangloss in ciascuna avventura che gli si raccontava e diceva: — Questo Pangloss sarebbe bene imbrogliato a far valere il suo sistema; io vorrei ch’ei fosse qui. Certamente se tutto va bene, tutto va bene nell’Eldorado, e non già in tutto il resto della terra. Finalmente si determinò a favore d’un povero letterato che avea lavorato dieci anni per le librerie d’Amsterdam giudicando che niun altro mestiere potesse darsi al mondo, di cui si potesse essere più malcontenti.
Questo letterato era d’altra parte un buon uomo; era stato tradito dalla sua moglie, bastonato dal figlio, e abbandonato dalla figlia, che s’era fatta rapire da un portoghese; era stato privato di un modesto impiego da cui traeva la sua sussistenza, e i predicatori di Surinam lo perseguitavano perchè lo credevano un socciniano.
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