— E perchè ammazzare quest’ammiraglio? — Perchè, gli vien detto, non ha fatto ammazzare della gente abbastanza: ei diede una battaglia navale a un ammiraglio francese e si è saputo che egli non era abbastanza vicino al nemico. — Ma l’ammiraglio francese, dice Candido, era egli egualmente lontano dall’altro? — Senza dubbio, gli si replica, ma in questo paese è bene ammazzare di tempo in tempo un ammiraglio per incoraggiare gli altri.
Candido restò sì stordito e sì commosso da ciò che vedeva e da ciò che udiva, che non volle neppure metter piede a terra, ma pattuì col padrone olandese (non credendolo un ladro come quello di Surinam) per farsi condurre senza dilazione a Venezia.
Il padrone olandese fu lesto in termine di due giorni; si costeggiò la Francia, si passò alle viste di Lisbona e Candido ivi raccapricciò: s’entrò nello stretto, indi nel Mediterraneo e infine si approdò a Venezia. — Sia lodato Iddio, disse Candido abbracciando Martino, qui rivedrò la bella Cunegonda; io conto su Cacambo come su me stesso. Tutto è bene, tutto va bene, tutto va alla meglio che sia possibile.
CAPITOLO XXIV.
Visita al signor Pococurante, nobile veneziano.
Tosto che ei fu a Venezia fece cercar Cacambo in tutte le osterie, in tutti i caffè, e non si trovò; ei mandava tutti i giorni a fare scoperta di tutti i vascelli, di tutte le barche; non si sentiva nulla di Cacambo. — Come, diceva egli a Martino, io ho avuto il tempo di passare da Surinam a Bordeaux, d’andare da Bordeaux a Parigi, da Parigi a Dieppe, da Dieppe a Portsmouth, di costeggiare il Portogallo e la Spagna, di traversare tutto il Mediterraneo, di passare qualche mese a Venezia e la bella Cunegonda non è arrivata!
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