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      Il barone impallidì a quella vista; il tenero amante Candido vedendo la sua bella Cunegonda imbrunita, cogli occhi scerpellati, il petto risecco, le gote aggrinzite, le braccia abbronzite e scagliose, si ritirò tre passi indietro pieno d’orrore; s’avanzò poi per convenienza, ed ella abbracciò Candido e il suo fratello; fu abbracciata la vecchia e furono ricomprate tutte due.
      V’era un piccolo podere nel vicinato; la vecchia propose a Candido di comprarlo, aspettando che tutta la truppa avesse un miglior destino. Cunegonda non sapea d’esser così imbruttita, perchè di ciò niuno l’avea prevenuta. Ella fece ricordare a Candido le di lui promesse con un parlar sì assoluto che egli non osò di far ripulsa. Egli fece dunque intendere al barone che volea maritarsi colla sua sorella. Io non soffrirò giammai, disse il barone, una tal bassezza dalla parte sua, e una tale insolenza dalla vostra: questa infamia non mi sarà giammai rimproverata: i figli di mia sorella non potrebbero entrare nei capitoli d’Alemagna: no, la mia sorella non sposerà giammai altri che un barone dell’impero.
      — Cunegonda si gettò a’ suoi piedi, e li bagnò di lagrime; egli fu inflessibile. — Bel mio stivale, gli disse Candido, io ti ho scampato dalla galera, io ti ho pagato il tuo riscatto, io ho pagato quello di tua sorella — ella lavava qui le stoviglie, ella è brutta, io ho la bontà di farla mia moglie, e tu pretendi anche di opportici? io ti riammazzerei, se mi lasciassi vincere dalla collera — Tu puoi pure ammazzarmi, disse il barone, ma non sposerai la mia sorella, me vivente.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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