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      — Io comprendo che voi siete un filosofo, e tanto basta. Basta così, Candido, disse il venerabile cenobita: non conviene ad un grand’uomo come voi l’essere trattato sì indegnamente nel mondo, come ho udito. Voi siete forastiero: Ismael-Raab non ha niun diritto sopra di voi: voglio condurvi alla corte, e vi riceverete un favorevole accoglimento. Il sofì ama le scienze. Ismael, ponete nelle mie mani questo giovine filosofo, o temete d’incorrere la disgrazia del principe, e di attirar su di voi le vendette del cielo, e soprattutto de’ frati.
      Quest’ultime parole spaventarono l’intrepido persiano; egli acconsentì a tutto, e Candido uscì lo stesso giorno di Tauride col dottor maomettano. Presero la volta d’Ispahan, ove arrivarono carichi di benedizioni e di benefici de’ popoli.
     
     
      CAPITOLO III.
     
      Candido Ricevuto alla Corte, e ciò che ne segue
     
      Il reverendo Ed-Ivan-Baal-Denk non tardò a presentar Candido al re. Sua maestà ebbe un piacere singolare nell’ascoltarlo. Lo mise in lizza coi maggiori letterati della corte, e questi lo trattarono da pazzo, da ignorante, da idiota, il che contribuì a persuadere sua maestà ch’egli era un grand’uomo. — Perché, disse loro, voi non comprendete niente de’ ragionamenti di Candido, per questo lo insultate; nemmeno io ne comprendo niente, ma vi assicuro ch’egli è un gran filosofo, e lo giuro sulle mie basette.
      Queste parole imposero silenzio ai letterati. Fu alloggiato Candido in palazzo, gli si diedero delle schiave per servirlo, lo si rivestì d’un abito magnifico, ed il sofì ordinò che per qualunque cosa ch’egli avesse potuto dire, alcuno non ardisse di provare ch’egli avesse torto.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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