Con questi sentimenti cristiani Candido passava la sua oziosa tranquillità, passeggiando per le strade di Sus. Ecco che un cavaliere superbamente vestito gli salta al collo chiamandolo per nome. — Sarebbe possibile! grida Candido. Signore, sareste voi… No, non è possibile; ma pure, v’assomigliate tanto… signor abate perigordino. — Son io, risponde l’abate di Perigord.
Candido allora fa tre passi indietro, e dice in tono commovente — Come siete felice, signor abate? — Bella domanda, risponde il perigordino: la piccola soperchieria che io vi feci non ha poco contribuito a mettermi in credito. La politica m’ha tenuto impiegato per qualche tempo, ed essendomi disgustato con essa, ho lasciato l’abito ecclesiastico che non m’era più buono a niente. Son passato in Inghilterra, dove le genti del mio mestiere son meglio pagate. Ho detto tutto ciò che io non sapevo del forte e del debole del paese che avevo abbandonato. Ho assicurato, soprattutto, che il francese è la feccia de’ popoli, e che il buon senso non risiede che a Londra; finalmente ho fatto un’illustre fortuna, e vengo a concludere un trattato alla corte di Persia, consistente in fare sterminare tutti gli europei, che vengono a cercare il cotone e la seta negli stati del sofì, con pregiudizio degli Inglesi. — L’oggetto della vostra commissione è lodabilissimo, dice il nostro filosofo, ma signor abate, voi siete un furfante; io non stimo punto i furfanti ed ho qualche credito alla corte: tremate, chè la vostra fortuna è giunta al suo termine: troverete la sorte che meritate.
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