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      — Cacambo, rispose Martino, è qui; egli è occupato attualmente a ripulire una fogna, la vecchia è morta di una pedata che un eunuco le diè nel petto; Cunegonda è ingrassata e ha ripreso la sua primiera bellezza: ella è nel serraglio del nostro padrone. — Qual concatenamento di sventure! dice Candido, bisognava che Cunegonda tornasse bella per farmi becco! — Importa poco, dice Pangloss, che Cunegonda sia bella o brutta, e ch’ella sia vostra o di un altro; questo non ha che fare col sistema generale; per me, io le desidero una numerosa posterità. I filosofi non s’imbarazzano di ciò. La popolazione... — Ah, dice Martino i filosofi dovrebbero piuttosto occuparsi a render felice qualche individuo, invece d’impegnarlo a moltiplicare la specie de’ sofferenti.
      Mentre discorrevano si sente un gran fracasso: era il general del mare che si divertiva a far bastonare una dozzina di schiavi. Pangloss e Candido spaventati si separarono colle lagrime agli occhi dal loro amico, e presero in fretta il cammino di Costantinopoli.
      Essi vi trovarono tutta la gente in moto; erasi appiccato il fuoco nel sobborgo di Pera, e già cinque o seicento case erano incenerite, ed erano perite fra le fiamme due o tremila persone. Qual orribil disastro! grida Candido. — Tutto è bene, dice Pangloss; questi piccoli accidenti accadono tutti gli anni, ed è ben naturale che s’appicchi il fuoco alle case di legno, e che quelli che vi si trovano restino abbruciati; del resto, questo procura lavoro a molti galantuomini che languiscono nella miseria.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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