Sbarcato che fu, l’armeno fece la sua provvisione di grasso di balena, e incaricò il nostro filosofo di andar per il paese a comprargli del pesce secco. Egli adempì alla sua commissione al meglio che gli fu possibile; se ne tornava con molte ceste cariche di quella mercanzia, e rifletteva profondamente sulla differenza maravigliosa che passa fra i Lapponi, e gli altri uomini, quando una piccola lappona, che aveva il capo un po’ piu grosso del corpo, gli occhi rossi e pieni di fuoco, il naso largo, e la bocca della maggior grandezza possibile, gli diede il buon giorno con mille smorfie. — Mio signorino, gli disse quell’essere alto un piede e dieci dita, io vi trovo vezzoso, fatemi la grazia d’amarmi un poco.
Così dicendo la lappona gli salta al collo; Candido la respinge con orrore; ella grida, e viene suo marito accompagnato da più lapponi. — Cos’è questo baccano? dissero eglino. — Egli è, disse il piccolo essere, che questo forastiero.... ah, mi soffoca il dolore nel dirlo! egli mi disprezza. — Che sento? disse il marito lappone: incivile, disonesto, brutale, infame, furfante, tu copri d’obbrobrio la mia casa: tu mi fai l’ingiuria più grave; tu ricusi di dormir, com’è l’usanza del paese, con mia moglie! — Eccone un’altra! dice il nostro eroe; che avreste voi dunque detto se io avessi dormito con lei? — Io ti avrei desiderato ogni sorta di prosperità, risponde il lappone in collera, ma tu non meriti che la mia indignazione. Così dicendo scaricò sul dorso di Candido un fracco di bastonate.
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