Ci siamo fermati qui per pigliare un poco di riposo; ho scoperto l’albero che vedete, e il suo frutto mi ha tradita. Oh Dio, signore, io sono una creatura in odio all’universo e a me stessa. S’armi il vostro braccio per vendicar la virtù offesa, per punire un parricidio. Ferite! Questo frutto... Io ne ho presentato a mio padre e a mia madre, essi ne han mangiato con piacere, ed io mi applaudivo d’aver trovata la maniera di smorzar loro la sete che tormentavali; me infelice! La morte avevo lor presentata: questo è veleno!
Raccapricciò Candido a questo racconto, se gli rizzarono i capelli sul capo, e un sudor freddo gli scorse per tutto il corpo. S’ingegnò, per quanto permettevangli le circostanze, di dare ajuto a quella sfortunata famiglia; ma il veleno aveva già fatto troppo progresso, e i più efficaci rimedj non avrebber potuto arrestarne il funestissimo effetto
— Cara figlia, unica nostra speranza, esclamarono i due infelici, perdona te stessa, come noi ti perdoniamo. Un eccesso in te di tenerezza è quel che ci toglie la vita... Generoso straniero, degnatevi aver cura de’ suoi giorni, ella ha il cuor nobile e formato alla virtù; questo è un deposito, che lasciamo alla vostra mano, infinitamente per noi più prezioso, che tutta la nostra passata fortuna... Cara Zenoide, ricevi i nostri ultimi baci; mescola le tue colle nostre lacrime. Oh cielo che deliziosi momenti son mai questi per noi! Tu ci hai aperta la porta della prigion tenebrosa in cui da quarant’anni languivamo. Tenera Zenoide, noi ti benediciamo.
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Dio Candido Zenoide Zenoide
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