Ah quali giudici posson mai evitare le trappole, che la calunnia tende all’innocenza? Mio padre fu condannato ad esser decapitato sopra un patibolo. La fuga sola potendolo liberar dal supplizio, si rifugiò da un amico, che credeva degno di sì bel nome. Stemmo qualche tempo nascosti in un castello ch’ei possiede sulla, riva del mare, e vi saremmo ancora, se il crudele, abusando dello stato deplorabile in cui eravamo, non avesse voluto vendere i suoi servigi a un prezzo che ce li fece detestare. Aveva l’infame concepita una sregolata passione per mia madre e per me; tentò la nostra virtù coi mezzi più indegni d’un galantuomo, e noi ci vedemmo costretti ad esporci ai più spaventevoli pericoli, per evitar gli effetti della sua brutalità. Prendemmo la fuga una seconda volta, e voi sapete il resto.”
Nel finir questo racconto Zenoide pianse nuovamente. Candido asciugò le sue lacrime, e disse per consolarla — Tutto è per lo meglio, signorina; poiché se il vostro signor padre non moriva avvelenato, ei sarebbe stato infallibilmente scoperto; e gli avrebbero tagliata la testa: la vostra signora madre ne sarebbe certamente morta di dolore, e noi non saremmo in questa capanna, ove le cose van molto meglio, che ne’ più be’ castelli possibili. — Ah! signore, rispose Zenoide, mio padre non ha detto mai che tutto fosse per lo meglio. Noi apparteniamo tutti a Dio che ci ama, ma che non ha voluto allontanar da noi le cure divoratrici, le malattie crudeli, i mali innumerabili che affliggon l’umanità: nasce il veleno in America accanto alla China china: il più felice mortale ha sparso delle lacrime: dal mescuglio dei piaceri e delle pene risulta quel che si chiama vita, cioè un tratto di tempo determinato, sempre troppo lungo agli occhi del saggio, che deve impiegarsi a fare il bene della società, nella quale ei si trova per godere le opere dell’Onnipotente, senza ricercarne follemente le cagioni: a regolare la sua condotta sul testimone di sua coscienza, ed a rispettare in ispecie la sua religione.
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