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      Onde quando il Vico diceva che i caratteri poetici sono assai più veri dei caratteri storici, mostrava di avere compreso perfettamente la differenza che passa tra l'arte e la storia, perchè i caratteri poetici rappresentano gl'individui artistici, mentre i caratteri storici rappresentano gl'individui naturali. Anche l'individuo nell'arte si trova sollevato ad una condizione di assai superiore che non sia per rispetto all'attività pratica e all'intelletto conoscitore. Nell'atto conoscitivo l'individualità sparisce e si tien conto soltanto della sua forma universale; talchè in questo processo si mostra che il particolare è fatto per essere compreso sotto l'universale: nel conoscere si ha il momento negativo della particolarità. Nel processo pratico, invece, si fa conto dell'individuo particolare, perchè l'istinto si volge ad esso; ma però vi si volge per farlo suo, per annullarlo. L'appagamento della brama che porta all'istinto non si effettua, che a scapito dell'individualità. Dunque l'individuo è annullato idealmente nella scienza, realmente nell'appagamento dell'istinto, l'individuo è conservato come tale nell'arte, nella cui sfera non entrano gli appetiti soggettivi e particolari, perchè noi non ci compiaciamo dell'opera dell'arte per servircene e per distruggerla a nostro profitto, ma per ammirarla come libera manifestazione dell'idea.
      Dalle cose dette fin qui si può vedere quanto sieno manchevoli alcune distinzioni e determinazioni dell'arte le quali invece di considerare la sua vera nozione ricorrono a fini esteriori e che fanno dell'arte un puro istrumento verso altre nozioni.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





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