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      Onde non sappiamo comprendere come si possa dare una bellezza puramente intellettuale o puramente morale, come pare che abbia opinato l'illustre Cousin quando ha diviso la bellezza in tre ordini, ed al bello fisico ha fatto seguire il bello intellettuale ed il bello morale. La bellezza č una nozione a sč, e perciō bisogna metterla al proprio posto e non confonderla colla veritā nč colla virtų. Che sebbene spesso si possano rincontrare associate insieme, nulladimeno l'occhio del filosofo deve sempre saperle distinguere ed attribuire a ciascuna il suo proprio significato.
      Tornando ora al modo con cui Gioberti fa nascere la bellezza dall'unire il tipo intelligibile colla forma sensibile, noi troviamo che ciō avvenga per opera della fantasia. Questa ultima parte della definizione giobertiana tiene pių di Kant che di Platone. Se l'idea e la forma sensibile sono per sč separate, ed č la fantasia che deve unirle per creare la bellezza, chi non vede che questa non ha pių valore assoluto, ma č una produzione nostra subbiettiva? E per tal modo non si vede svanire la bellezza assoluta di Platone, e subentrare la bellezza subbiettiva di Kant? Il Gioberti stesso se ne č accorto quando ha chiamato la fantasia estetica, creatrice del bello. Tanto č vero che quando si crede nel nostro secolo rinnovare Platone, a nostra insaputa e talvolta ancora nostro malgrado, come notava il Fiorentino,2 s'insinua la dottrina di Kant. Un ultimo difetto che ci sembra di scorgere nella dottrina del Gioberti sul bello, č questo, che l'unione dell'intelligibile e del sensibile effettuandosi per virtų estrinseca della fantasia, fa sė che l'idea del bello non si determini da sč, come deve fare ogni idea che sia veramente tale.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





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