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      Questa medesimezza che nel fondo è verissima non può ritenersi in tutta la sua estensione, perchè se alla verità basta la sola nozione logica, e se dalla scienza viene esclusa ogni particolarità sensibile, non è così per la bellezza, dalla quale escludendo la forma sensibile, si viene a distruggere tutta la sua essenza. Da qui nasce quel parlare continuo di una bellezza divina che si riferisce all'idea archetipa e quel linguaggio che ricorda la dottrina di Platone. È ben vero che per Schelling l'idea non è mai scompagnata dall'intuizione, come era per Platone, ma l'intuizione di Schelling non è abbastanza definita e talvolta pare essere soltanto intellettuale, tal'altra pare riferirsi a qualche cosa di sensibile. Dal che si vede ancora la ragione per la quale Platone si sdegna contro l'arte, che veste di apparenze menzognere l'idea, mentre Schelling, dando nell'estremo opposto, identifica l'arte colla scienza. Stando alla verità delle cose noi troviamo esagerata l'una e l'altra opinione. La forma sensibile di cui si riveste l'idea nell'opera d'arte non è una menzogna come crede Platone; ma invece è una manifestazione assai più perfetta ed assai più indipendente di quello che fosse la manifestazione naturale. Che se Platone crede uno scadimento la natura, ed una menzogna l'arte, ciò nasce dall'avere troppo esagerato l'importanza dell'idea, ed a forza di esagerarla giunge a ridurla una vuota astrazione.
      Schelling invece, nell'immedesimare la verità e la bellezza, confonde il contenuto colla forma, confonde l'idea colla sua manifestazione, e perciò non distingue abbastanza l'arte dalla scienza, onde arriva a dire che la filosofia e la poesia sono una medesima cosa.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





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