Dall'altra parte però egli tende a ricongiungersi con Dio, nè questa tendenza avrebbe luogo se non credesse possibile di ricongiungervisi realmente, se non presentisse, benchè in modo oscuro, la medesimezza che corre tra la sua coscienza finita e quell'altra infinita.
La religione quindi contiene due momenti opposti, una specie di contradizione vivente, un sentirsi lontano da Dio e un sentirvisi vicino, un ondeggiare della coscienza tra il finito e l'infinito; una caduta infine ed un risorgimento.
L'ideale religioso è l'idea di Dio7 in quanto si considera come capace di essere raggiunta, e perciò conciliata colla coscienza umana. Ogni culto non è altro che il modo come effettuare questa conciliazione. Ma l'ideale affinchè possa passare ed introdursi nella coscienza universale come credenza, bisogna che si consideri realizzato in una qualche intuizione sensibile. Noi ci rivolgiamo colla fede religiosa non già ad un puro ideale della ragione, ma ad un Dio concreto, reale, più e meno perfetto secondo lo sviluppo maggiore o minore della coscenza religiosa di ciascun popolo. Il problema di ogni religione si può dunque formulare così: trovare un'intuizione la quale sia più corrispondente all'ideale di Dio.
E qui si domanda: quale è la natura di quest'ideale che si deve tradurre in realtà nell'intuizione? Kant, che il primo ha concepito la religione da questo punto di vista, ha creduto che questo ideale consistesse in Dio come autore della legge morale. La differenza tra morale e religione, secondo lui, consisterebbe in ciò che nella morale la virtù si esercita come proprio dovere, nella religione si esercita come obbedienza ad un ordine divino.
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