Secondo l'opinione di costoro, Dio non solo conosce intuitivamente, ma egli sa le vere ragioni delle cose, e la sua scienza penetra nelle intime essenze. L'uomo invece conosce difettivamente e deve perciò discorrere da un termine all'altro e poi in risultato non ne ricava che la cognizione delle apparenze, senza potersi addentrare più avanti.
Questa teoria, come si può facilmente rilevare, ammettendo una tale specie di antagonismo tra la scienza divina e l'umana sì nella forma come nel contenuto, non può fare a meno di menare allo scetticismo. Imperocchè quando si dice che vi sono due scienze si deve ritenere che una soltanto sia la vera, essendosi ammesso che l'una differisce dall'altra. E se una delle due soltanto è vera, quale delle due sarà quella più fortunata? Se a questa domanda non si può rispondere, lo scetticismo diviene inevitabile; che se poi si replica che la vera sia la divina, allora si va incontro ad un nuovo ed insormontabile inconveniente. La scienza divina è appresa per mezzo della umana; e se l'umana è difettosa e superficiale, chi vi assicura che essa in questo caso abbia bene approfondita la natura della scienza divina? Sono questi dei circoli viziosi dai quali non si può escire a nessun patto, e che nascono dal pregiudizio volgare di voler creare un antagonismo che non esiste opponendo le idee divine alle umane, la scienza divina all'umana, la verità divina alla verità umana, come se si potessero dare idee, scienza, e verità di più maniere.
Fa meraviglia il vedere come quel grande ingegno del Gioberti sia caduto anch'egli in questa opposizione lasciata in eredità dalla scuola teologica che soleva parlare più della scienza divina che dell'umana, come se quella fosse più conosciuta di questa.
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Dio Gioberti
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