Il Gioberti però cercò di mitigare quell'antagonismo, ed introdurre nello spirito umano anche la scienza divina. Se la riflessione si può chiamare riproduttrice e genera la scienza propriamente umana; l'intuito per contrario si affissa direttamente in Dio e coglie nell'atto creativo la ragione di tutte cose. L'intuito così è parte divino e parte umano e serve a conciliare la nostra scienza con quella di Dio, cogliendo le idee divine e presentandole nella coscienza riflessa allo spirito umano. L'intuito forma perciò nel sistema di Gioberti quel punto incerto intorno a cui egli oscilla sempre, mutando spesso di opinione, e facendolo ora creato da Dio ed ora invece erompente dal fondo medesimo dello spirito.
I suoi seguaci per lo più inclinano a ritenere l'intuito come obiettivo, cioè come prodotto da Dio che n'è l'obbietto in quanto si affaccia allo spirito. Sarebbe come una specie di irraggiamento esteriore fornito di tal potenza da creare la vista in quello in cui si riflette. Che la scienza possa nascere così per un influsso esterno è ciò che non si può comprendere, e che nessuna similitudine al mondo potrà spiegare.
Il contenuto della scienza non può essere altro che la totalità del processo mediante il quale lo spirito assoluto arriva a riconoscersi come tale. E poichè i momenti essenziali di questo sviluppo sono la nozione o il principio assoluto, la natura o il mezzo attraverso del quale la nozione deve passare per ritornare in se stessa; e lo spirito o il fine dove la nozione e la natura vanno a radunarsi come nel loro ultimo risultamento; la logica dunque, la scienza della natura, e quella dello spirito costituiscono tutta la sfera dell'umano sapere, e fuori di queste, ed al di là di queste non si ha altra scienza possibile.
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