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      La scienza inoltre è universale e necessaria, talmente che per quante mutazioni si potessero concepire nella natura di questi oggetti essa null'ostante rimarrebbe invariabilmente la stessa. In questo senso io scriveva nei Filosofemi cosi: «la scienza non è particolare al mondo nostro, ma si estende al difuori di esso; e quando anche sparisse l'attuale nostro mondo, non sparirebbe nè cesserebbe la scienza, che è permanente, eterna ed universale, perchè è la rivelazione di Dio nelle cose.»15
      Per questa rivelazione di Dio nelle cose, che fu indovinata fino dai primordi della filosofia, greca come apparisce dal Noo di Anassagora, si è resa possibile una scienza della natura, e di tutti i fatti contingenti in generale. Se dentro al fenomeno transitorio non fossimo certi di rinvenire una ragione stabile e necessaria, noi non potremmo giammai avere una scienza dei fenomeni. La rivelazione di questa occulta ragione è appunto tutto il magistero della scienza. Il resto potrà essere una descrizione più meno esatta, una classificazione più o meno simmetrica e regolare, ma non mai una scienza.
      Bisogna intanto nella scienza medesima distinguerne una la quale s'immedesima col suo proprio obbietto, ed un'altra che trova l'oggetto come dato dal di fuori e vi si travaglia attorno per ricongiungerlo con tutto l'insieme del processo ideale.
      Tutte le scienze che si dicono naturali trovano l'obbietto esistente nella natura, ed esse si sforzano di ricondurlo alla sua idea. Questo lavoro però è inconscio, perchè il processo dello spirito rimane esteriore all'obbietto, come un abito di cui lo spirito riveste la esterna natura.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





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