La lingua contiene in sè la storia dell'umano pensiero, e chi sa vedere ben addentro nelle trasformazioni della parola, può in essa leggere la trasformazione progressiva dello spirito. Tanto è vero ciò che mi scriveva una volta l'illustre Barone Bunsen, che la filologia ha verso la filosofia lo stesso rapporto che la paleontologia ha verso la scienza della vita. Le parole contengono la filosofia rudimentale, ed i recenti studi su la filologia comparata ci provano chiaramente che le lingue hanno uno sviluppo, e che questo sviluppo procede secondo le leggi medesime con cui si sviluppa il pensiero; perocchè la parola è il pensiero inviluppato e quasi nascosto in un suono.
Il Max Müller distingue nella formazione di ogni linguaggio tre periodi, dei quali alcune lingue si sono fermate al primo, alcune altre al secondo e infine alcune altre hanno raggiunto il terzo.
Il primo passo di ogni lingua, come se ne vede un esempio vivente nella lingua chinese e siamese, come incomincia ha le sole radici senza nessuna modificazione; talchè ogni radice è una parola monosillaba. Queste lingue perciò sono chiamate monosillabiche e corrispondono a quello stato dello spirito in cui le rappresentazioni esistono nello stato di isolamento e non hanno mutuo legame.
Il secondo stato comincia ad esprimere ancora una certa relazione, che lega insieme queste sparpagliate rappresentazioni; e poichè questo legame non è intimo, si esprime pure nelle parole con una fusione tutta esterna, che si suole chiamare agglutinazione.
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Barone Bunsen Max Müller
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