Il diritto di proprietà si riferisce sempre ad una cosa, e non mai ad una persona. La distinzione di diritti impersonali e reali, la quale è comune presso i giuristi, ed è stata adottata anche dal Kant, non è esatta. Quando anche si dice di avere dritto verso una persona, s'intende sempre che questo dritto si riferisca non alla persona, ma a qualche cosa che la persona debba dare o fare.
Kant ritenne questa divisione dei dritti, perchè egli volle dedurla dalla determinazione astratta delle categorie di sostanza, di causa e di reciprocità di azione. Egli però chiamò dritti reali quelli che hanno per termine esterno una sostanza; dritti personali quelli che si riferiscono ad una causa, e finalmente dritti misti o reali e personali insieme quelli che si riferiscono ad una persona considerata anche come cosa.
Secondo questo criterio Kant ammise confusamente insieme tanto il dritto di proprietà, che ricavò dalla prima categoria di sostanza, quanto i dritti derivanti dai contratti dedotti dalla categoria di causa, quanto finalmente i dritti relativi alla famiglia, che ricavò dalla categoria di reciprocità di azione. Il difetto del Kantismo è sempre lo stesso in tutte le sue applicazioni e consiste nel formalismo delle sue categorie e nel prescindere che fa dal valore del contenuto reale di queste forme. Così nel caso nostro, la persona si può ella considerare come una semplice causa? Non abbiamo veduto noi il complesso di tutti gli elementi che si richieggono a costituire la personalità? Certo che la persona è anche una causa ma è di più un subbietto, una volontà libera, una coscienza: si possono dunque trascurare questi altri elementi?
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