Il vincolo che annoda due persone è l'amore, non la sterile reciprocità di azione della categoria kantiana. Questa tutt'al più può spiegare il circolo dei mezzi e dei fini che s'intrecciano insieme a formare un organismo, ma non basterà mai a spiegare il contenuto vivente della famiglia. La persona che ama non cerca nella persona amata un mezzo per realizzare se stessa: ella si sente naturalmente unita con un'altra e questa unità non è l'effetto di un calcolo, ma è data immediatamente dalla natura.
La sfera della famiglia, considerata e nella relazione vicendevole dei genitori ed in quella che passa tra loro e la prole, è fondata tutta quanta sull'amore, su questa unità immediata dello spirito obbiettivo. Essa è assai ben distinta dalla pura sfera del dritto la quale si circoscrive nei limiti della proprietà. Questa confusione del dritto di famiglia e del dritto di proprietà si trova nell'antica legislazione romana dove il padre di famiglia era tenuto come padrone della moglie e dei figli e poteva disporre della loro vita e della loro sostanza, come un proprietario oggidì potrebbe fare delle cose sue. Questa strana confusione sorgente di molte barbare conseguenze nella vita pratica proveniva dalla mancanza del vero concetto di persona. La persona nel dritto romano non era riconosciuta come data dalla natura ma come formata dallo Stato.
Da questo medesimo principio derivava la sanzione della schiavitù. Ed era ben ragionevole, giacchè se la personalità era data dallo Stato poteva anche perdersi, e la perdita della personalità portava la schiavitù.
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