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      Se l'occupazione dunque è la prima forma di possesso, con cui si manifesta in modo sensibile il dritto di proprietà; il lavoro è la seconda e più perfetta forma con cui quel dritto non solo apparisce verso la cosa, ma altresì la modifica nella sua natura.
      La cosa non solo può essere occupata e modificata dalla persona, ma essendo priva di finalità propria, essa è destinata a servire ai fini della persona. Questo uso che noi abbiamo dritto di fare della cosa propria fino ad annullarne l'esistenza a nostro servigio, dimostra evidentemente che la cosa non ha consistenza e valore per sè, ma bensì per la persona. Senza di ciò noi non potremmo annullarla per servircene. L'uso mostra adunque, che la cosa non ha dirimpetto alla persona una pari consistenza, perchè essa può essere annullata nel suo essere determinato e la persona no. Con l'uso la proprietà finisce, e questa forma, in cui lo spirito aveva trasferito la sua personalità, si chiarisce sproporzionata alla universalità dello spirito, e per tale sproporzione si annulla.
      La proprietà non ha ragione di essere che per l'uso. Le cose acquistano valore in quanto la persona se ne può servire pe' suoi fini. Di modo che le cose si stimano utili non per la loro particolare natura, ma per la determinazione generale dell'uso a cui possano servire. Così le particolari forme delle cose naturali spariscono nella indifferenza del concetto generale dell'utile. È per tale indifferenza che le cose più disparate possono essere ridotte ad una valutazione comune.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130