Non è un contratto il matrimonio, come pretendeva Kant, perchè le persone non possono essere considerate come le cose sotto l'aspetto del loro uso. Hegel perciò ragionevolmente rimproverava a Kant di avere presentato il concetto del matrimonio nella sua inverecondia. Kant invero era tanto persuaso che il semplice uso scambievole costituisce il fondamento del matrimonio, che aveva riprovato la poliandrìa, la poligamia, ed il concubinato, solo perchè l'uso non sarebbe stato eguale e nelle stesse condizioni da ambe le parti.
Per la medesima ragione non si può considerare come contratto il fondamento dello Stato, secondo che ha opinato Rousseau nel suo Contratto Sociale. Ma di ciò che spetta allo Stato noi ci dovremo occupare in un apposito discorso, perciò qui ci limitiamo ad osservare, che il non avere badato al diverso contenuto della proprietà, della famiglia e dello Stato, ha condotto Kant e Rousseau a confondere le determinazioni tanto diverse della proprietà e della personalità, come ancora le altre della volontà particolare, della volontà comune, e della volontà universale. Nella proprietà la volontà si manifesta come particolare, nel contratto come comune, nello Stato come universale.
Questa volontà universale, la quale è l'ultima concretezza a cui possa giugnere la ragione, come pratica, sebbene logicamente apparisca come il risultato dello sviluppo della libertà, nulladimeno è presupposta anche nei primi gradi di questo sviluppo. Il dritto non è tale se non per una legge che lo sanzioni, e questa legge, o, come Kant la chiama, imperativo giuridico, è appunto la volontà universale, che si presume nel dritto di proprietà privata, e che poi si realizza come Stato.
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