Questa necessitą esterna si chiama forza, e la forza usata come sussidio esterno del dritto si chiama costrizione. Che se poi questa medesima forza non s'impiega a sostegno del dritto, ma invece lo infrange e lo viola, allora si chiama violenza.
Nella sfera del dritto dunque, a differenza di quella della morale, noi c'incontriamo nella forza talvolta considerata come forza giuridica e talvolta invece considerata come violenza. Nella legge morale il subbietto non essendo fuori di sč e non determinandosi che per se stesso non č soggetto nč a costrizione nč a violenze. Se ciņ ha luogo nella sfera giuridica, č perchč in essa vi č sempre un oggetto esterno o una proprietą che č la materia del dritto. Ed in quanto lo spirito si determina in un essere determinato della natura, egli sottostą alla forza non gią come spirito, ma nella sua esterna determinazione. Senza la forza il dritto non avrebbe reale esistenza.
Ma la forza quando manifesta la libertą č razionale e legittima; e perchč ha ragione di essere č positiva. A rincontro quando invece di esprimere la libertą la nega, allora essa non ha nessun valore, non ha ragione di essere, č puramente negativa; perciņ ne viene la conseguenza che essa porta con sč la propria negazione, e la reintegrazione di ciņ che prima aveva distrutto. Un dritto violato dalla forza reclama dunque di essere ristabilito. Qui si trova ancora il fondamento della pena, del quale parleremo pił ampiamente discorrendo dello Stato.
Per la limitazione estrema che il dritto trova nella libertą altrui nasce il dovere giuridico, il quale č essenzialmente relativo al dritto.
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