Ora la proprietà è un contenuto, che non si trova nella nozione di libertà come l'espone Kant. La libertà per Kant non ha nessun contenuto, e perciò non se ne possono ricavare le determinazioni necessarie, che si chiamano doveri speciali. Tutto al più se ne può conchiudere che bisogna operare secondo la libertà; ma quali cose bisogna operare per trovarsi in conformità colla libertà e colla legge? Kant non lo dice nè può dirlo. E non può dirlo perchè egli dell'uomo non ha considerato tutta la ricca individualità, ma soltanto una vuota forma che non contiene nulla e da cui perciò nulla si può ricavare. La libertà, come la descrive Kant, o la ragion pratica o l'imperativo categorico che si voglia dire, è una vasta solitudine dove non apparisce traccia di determinazione. E intanto questa solitudine è sublime, manifestando il concentrarsi dello spirito subbiettivo sopra di sè, l'affrancarsi da ogni esterna determinazione, il darsi la propria legge, e finalmente il considerare tutte le cose fatte per lui, e lui fatto per se stesso. Kant ha rialzato la dignità umana dando il vero concetto della persona; ed insieme ha fortificato la potenza della legge formando la religione del dovere. Egli è tanto saldo in questa convinzione, da trovare nella morale del Cristianesimo due grandi difetti, l'uno di riporre la legge morale nella volontà di Dio; l'altro di essere determinato alla virtù dal sentimento dell'amore. La volontà di Dio, qualunque si fosse, è sembrata alla mente severa di Kant una legge esterna; l'amore, per quanto purificato sino a diventar carità, è parimente per lui un sentimento, una passione, ed egli non esita un istante a sbandirlo come contrario al puro dovere.
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