Nello Stato la volontą si dispoglia di tutte le determinazioni estrinseche ed accidentali: essa non apparisce pił nella forma di sentimento come nella famiglia; e nč anche nella forma d'interesse, come nella societą civile; essa si determina come ragione, e perciņ si determina per sč stessa, perchč la vera libertą non č altro che ragione.
Nel determinarsi come ragione, la volontą raggiugne la pienezza del suo sviluppo, e perciņ nello Stato soltanto la libertą acquista piena coscienza di sč stessa. L'uomo, come cittadino di uno Stato razionale e perfetto, tocca l'apice del suo sviluppo e vale assai meglio dell'uomo che avesse una sterile e subbiettiva moralitą. Imperocchč nella morale l'individuo raggiugne una perfezione che si restringe nella sua sfera subbiettiva, mentre nello Stato egli realizza esteriormente la sua interna virtł. I Pitagorici avevano in gran pregio lo Stato, tanto che si racconta di uno di essi, che a suo figlio augurava di esser cittadino di buono Stato. Benchč lo Stato debba considerarsi come il razionale ed assoluto dritto che esiste per sč, esso appunto perchč segna l'ultimo grado dello sviluppo della libertą, deve contenere i gradi precedenti. Il credere che l'universale per porsi come sostanziale ed assoluto, debba sopprimere le determinazioni particolari a traverso le quali č passato, č un'opinione erronea, che guasta il vero processo dialettico, come notammo a proposito della Repubblica di Platone. E non solo lo Stato deve contenere in sč il momento individuale e particolare, ma deve ritenerli inoltre come momenti essenziali della sua propria nozione.
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