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      Qui, invece, appena si scrive o si parla delle enormità che uno vede o sente, gridasi d'intorno «acqua in bocca;» non isvegliate il leone che dorme. Ma il bendare gli occhi per non vedere il fucile appuntato non impedisce al condannato di ricevere in pieno petto le palle, nè il silenzio oggi sull'inaudita miseria esistente in Italia impedirebbe che il misero, quando un barlume di diritto gli penetri nel cervello, od uno spasimo troppo acuto gli trafigga il corpo, non salti addosso all'incauto gaudente, gridando: «Dammi la mia parte della comune eredità, chè troppo tempo l'hai sfruttata per tuo proprio conto!»
      Ripeto che credo fermamente sia ignorato, da chi potrebbe porvi rimedio, il vero stato del povero in Italia. Difatti ci si vive lungo tempo senza venirne sulle tracce.
      Mi ricordo che la prima volta, in cui la mia mente rimase impressionata, che guai, diversi da quelli derivanti dallo straniero, opprimevano questo popolo, fu nella campagna del 1867, quando fermandoci fra Monte Rotondo e Roma per piantare un'ambulanza, ci trovammo a Marcigliana in uno dei poderi della campagna romana. Qui vivevano e morivano i lavoranti del suolo in stanzucce sudicie, malsane, ammucchiati peggio delle bestie nelle stalle, nutriti con cibo pessimo ed insufficiente, ed obbligati, nella totale mancanza del vino (benchè per questo vadano famosi i contorni), a bere acqua cattiva ed in certe stagioni putrida.
      Eppure, come disse nel 1872 l'onorevole Bertani esponendo la necessità di un'inchiesta agraria, questa gente sta bene in confronto dei 13,000 individui ricoverati nelle grotte dell'Agro Romano.


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La miseria in Napoli
di Jessie White Mario
Editore Le Monnier Firenze
1877 pagine 277

   





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