Mi fu posta sotto gli occhi l'impossibilità di vestirli e di calzarli, e mi si narrarono le difficoltà e le spese occorrenti per ottenere dal Municipio le fedi di nascita necessarie. Non si può nemmeno varcare la soglia della porta municipale senza mancia al bidello.
Il vicolo sboccava proprio in Toledo, e durante il colloquio passava una carrozza di prostitute che andavano alla visita. «Quelle sì, - dissero le mie interlocutrici, - sono le beniamine del Governo, hanno case, vesti, carrozza, ospedale per riceverle malate. E se di prima classe, i medici le visitano fino in casa. E con esse i nostri mariti sciupano la nostra sostanza, ed esse ce ne alienano i cuori. Dobbiamo provvedere noi e sopperire a ogni cosa per i figli, fin che piccoli. E quelle signore ci seducono anche i maschi quando adulti. E il loro lusso e il loro ozio sono spettacolo micidiale alle nostre figliole. E le padrone di quelle case adoperano ogni arte per indurle a imitarne l'esempio.»
Che rispondere a tali lamenti?
Come spiegare la distinzione fra il tollerare, il sancire, il premiare e promuovere il vizio?
Insomma al Regolamento delle prostitute non viene e non può venir fatto, neppure con spionaggio alla francese, di arrestare e confinare una terza parte di costoro. E quand'anche potesse, troveremmo il Regolamento ugualmente immorale e fautore d'immoralità.
Ma non potendo, l'infausto Regolamento si chiarisce inetto al fino prefisso. Non rimane pertanto via di mezzo. È necessaria la sua abolizione immediata, e contemporaneamente bisogna trar partito di tutti i mezzi del Governo, delle Istituzioni di carità e degl'individui benevoli, per rimuovere le cause che conducono le donne al mal passo, e per punire i viziosi e i manutengoli che ve le spingono.
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