C'erano poi 11 istituti per ricoverare, nutrire ed educare donne pericolanti e donne traviate, pentite della mala vita; per accogliere, educare ed istruire donzelle napoletane, che abbiano perduto il fiore della verginità, e le orfane donzelle in pericolo di perderlo.
Veramente, dissi fra me e me, tutti questi vecchi cattolici, non bastando loro l'animo di obbedire alle dottrine di Gesù Cristo in vita, vollero fare ammenda col testamento, dando quello che non poterono portar seco nella tomba, ai poveri e infelici.
Senza qui sofisticare intorno a ogni dono o lascito, che formò nei tempi passati ciò che oggi si chiama il Patrimonio delle Opere pie, non si può contrastarci l'affermazione che quel patrimonio appartiene ai diseredati, che costituisce la ricchezza dei poveri.
La narrazione che diamo nei capitoli seguenti del modo, onde amministrasi questo patrimonio in Napoli, del come e a chi si distribuisce questa ricchezza, è veridica, benchè incompiuta. Veridica, perchè ogni fatto è stato riscontrato, ogni resoconto verificato coi nostri proprii occhi, e stampato sul giornale più divulgato di Napoli, e questi fatti e queste statistiche non patirono la più lieve smentita, nè tampoco soggiacquero a un solo contrasto.
È incompiuta, perchè delle 333 istituzioni ho potuto visitarne pochissime; ma tutte le persone, alle quali chiesi informazioni, e tutti i libri stampati sulle Opere pie, con parola concorde attestano che dissi meno del vero e che sussistono cose peggiori da vedere, e rivelazioni più gravi da fare, di quelle contenute in queste nostre pagine.
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