Nel capitolo sulle epidemie ed endemìe lo Spatuzzi osserva giustamente: «Non possiamo considerare una epidemìa come un fatto isolato. Le epidemie coleriche fanno più spavento delle tifose, delle vaiolose e simili; ma si avvicinano tra di loro con ripetute ricorrenze, e lasciano tracce sempre più funeste. Anzi ad esse si aggiungono le endemie miasmatiche, come osserviamo in quei siti della vecchia Napoli, ove si affolla sempre più una gente mal vestita e mal nutrita e pessimamente albergata tra il luridume, tra i ristagni delle acque di rifiuto, e tra la mal consigliata dispersione di sostanze escrementizie. Non vi è benignità di clima, non resistenza di costituzione fisica che possa trionfare di tante cause di malsania. Le ripetute recrudescenze delle epidemie e delle endemie ci mostrano evidentemente, che esse lasciano tracce sempre più funeste e si associano alle manifestazioni sempre più gravi della scrofola e del tubercolo e di tutte le malattie costituzionali che depauperano l'organismo.»
Anche l'Igiene pubblica della città di Napoli e le passate Amministrazioni, del dottor Luigi Romanelli, è libro importante:
«E noi fermandoci a preferenza su queste ultime parole che rivelano una verità incontrastabile, diciamo, che se l'interesse del Comune sotto il rapporto della sanità pubblica è supremo interesse della Provincia e dello Stato, la Provincia e lo Stato hanno il dovere santissimo di non trascurarlo abbandonandolo al Comune, che non sa, non vuole e non di rado non puote come dovrebbe occuparsene.
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