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      Quando il filantropo Howard cominciava la sua crociata contro il sistema brutale usato nelle prigioni d'Inghilterra, era ben lontano dall'immaginare che in meno di cinquant'anni le prigioni muterebbonsi in luoghi di delizia, confrontati alle loro abituali dimore. Egli descriveva le celle che visitava, piccole, oscure, senz'aria e senza scolo, tombe di viventi. Diceva che una settimana di quelle sporche, fetide, crudeli case di tortura era peggio di un anno di qualunque altra sofferenza: terribili per il dolore inflitto, di efficacia sicura nella loro corruttela, colpendo gl'innocenti con un senso di disperazione, provocando il colpevole a delitti ancora più audaci. Il grande Beccaria viveva contemporaneo dell'Howard; ambedue nei rispettivi paesi seppero persuadere i loro concittadini che la società ha il diritto di proteggersi, non di vendicarsi, che lo scopo della punizione del reo deve ristringersi a protestare energicamente contro il male e prevenire il crimine, a dissuadere coll'esempio la consumazione di altri delitti.
      Al principio di questo secolo, una donna quacchera contribuì potentemente a migliorare la condizione dei carcerati. Elisabetta Fry nel 1813 scosse l'Inghilterra da capo a fondo col narrare le condizioni orrende di Newgate, ove insubordinazione, sporcizia e depravazione eran pervenute all'ultimo grado. Si costituirono Società per visitare le prigioni ed i bastimenti che trasportavano i condannati alle Colonie penali; si fondarono dappertutto Penitenziarii per le donne, Riformatorii per i minorenni.


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La miseria in Napoli
di Jessie White Mario
Editore Le Monnier Firenze
1877 pagine 277

   





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