Roma in questo dipartimento come in ogni altro rimase città distinta. Ora i Papi incoraggiarono e incoronarono la mendicità; ora la punirono come ai tempi più barbari in Inghilterra, quando si flagellava, si mutilava degli orecchi, si bandiva, si condannava alla berlina, alle carceri, perfino alla galera, chi stendeva la mano.
La Compagnia di Santa Elisabetta fu una Società ben organizzata di mendicanti. Tutti erano divisi in quartieri e si bastonavano scambievolmente, quando un individuo che aveva il diritto di mendicare in un rione, tentava d'invaderne un altro. Teneva un poeta improvvisatore, una banda; e una volta all'anno i ciechi condotti dagli zoppi andavano in processione alla chiesa scortati dai soldati. Ben inteso che tutti pagavano lo scotto ai preti per Messe a suffragio delle anime del Purgatorio.
Ci si narra che dopo il 1870 nous avons changé tout ça. Ma chi vive a Roma sa che la mendicità, lungo il Corso e nelle case, ove persone ben vestite vanno e domandano e trovano l'elemosina con insistenza e alterigia, costituisce una delle molte piaghe della città eterna.
Epilogando, si può dire: sconosciuto in Italia il numero dei poveri; nessuna legge regolatrice della povertà; le Opere pie in balia delle Provincie senza nemmeno l'obbligo di fare un pubblico bilancio.
Oggi stesso siede la Commissione nominata per l'inchiesta sulle Opere pie. Speriamo che saprà riformare quella fatale legge del 1862, che il dottor Pietro Castiglioni chiama «invariabilmente parca ed efficacemente succosa, inspirata ai principii della libertà, e forse precorritrice di tempi, in cui saranno più maturi i frutti, per quel lavorìo progressivo di assimilazione che ne fa penetrare il succo vivificatore nel corpo sociale.
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