Si diceva che i pellegrini si addentrarono nella foresta: non tardarono a scoprire il bestione legato a un albero. Soffriva dolori insopportabili e gemeva continuamente.
Scimmiotto si fece avanti ridendo: "Eccolo, il nostro bel genero! A quest'ora sta ancora lì a gingillarsi e a farsi bello, invece di alzarsi per andare a ringraziare i parenti e a portare al maestro la buona novella. E la suocera? E tua moglie? Mi pare che ti abbiano ben impacchettato, e messo al palo della tortura."
Confuso e umiliato, Porcellino serrò i denti e ammutolì. Sabbioso sentì compassione per lui, posò i bagagli e si avvicinò per soccorrerlo e slegarlo.
Porcellino ringraziò tutti prosternandosi fino a toccare il suolo con la fronte. Si vergognava molto. Si ricordino questi versi, da cantare sull'aria della Luna sopra il fiume dell'Ovest:
L'amore è come una spada tagliente,
I suoi diletti conducono a morte.
Dolcissima fanciulla sedicenne
Ti espone a più pericoli del diavolo.
Le tue risorse sono limitate,
Puoi solo spendere, non guadagnare.
Gestisci il capitale con prudenza
E senza sprechi, per farlo bastare!
Porcellino raccolse un pizzico di terra a mo' d'incenso, e pregò rivolto allo spazio.
"Avevi riconosciuto i pusa?" chiese Scimmiotto.
"Mi girava la testa da non reggermi in piedi, vedevo doppio. Non avrei potuto riconoscere nemmeno mio padre."
Scimmiotto gli tese il biglietto. Leggendo i versi, Porcellino si sentì ancor più umiliato e pieno di vergogna.
"Il nostro secondo fratello e condiscepolo ne ha avuta proprio tanta, di fortuna!" sbottò a ridere Scimmiotto. "Non uno, ma quattro pusa son piovuti dal cielo nel suo letto!"
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