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      Questa distinzione però non spiega con esattezza le opposizioni realmente esistenti, perchè si può combattere l'opinione di rappresentazioni spaziali innate, senza con questo affermare che esse sorgano dall'esperienza. Infatti è questo appunto il caso, quando si considerino, come sopra si è fatto, le intuizioni spaziali come prodotti di processi psicologici di fusione, che sono fondati tanto sulle proprietà fisiologiche degli organi di senso e di movimento, quanto sulle leggi generali per le quali nascono le formazioni psichiche. Tali processi di fusione e gli ordini delle impressioni sensibili che si fondano su di essi, costituiscono per l'appunto dappertutto le basi della nostra esperienza; e appunto per ciò è inammissibile chiamarli essi stessi esperienze. Più esatto sarebbe indicare le due opposte teorie come nativistica e genetica. Di più è degno di nota, che le diffuse teorie nativistiche contengono elementi empiristici, così come d'altra parte le teorie empiristiche racchiudono parti nativistiche, in modo che il contrasto appare talvolta più che altro di nomi. Intatti i nativisti presuppongono bensì che l'ordine dell'impressione dello spazio corrisponda immediatamente all'ordine dei punti sensibili nella pelle e nella retina; ma la speciale maniera di proiettare all'esterno, sovratutto la rappresentazione della distanza e della grandezza degli oggetti, inoltre il riferimento di una pluralità d'impressioni spazialmente separate ad un unico oggetto, dipendono secondo essi dall'"attenzione", dalla "volontà" e persino anche dall'"esperienza". Gli empiristi invece sogliono presupporre in qualche modo lo spazio come dato, e interpretare poi ogni singola rappresentazione come un'orientazione in questo spazio, determinata da motivi di esperienza.


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Compendio di psicologia
di Wilhelm Wundt
Editore Clausen Torino
1900 pagine 452