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      35a. Le stesse concezioni teoretiche, che già si sono incontrate nella teoria delle rappresentazioni tattili (pag. 92), si trovano generalmente anche qui contrapposte per la spiegazione delle rappresentazioni visive. La teoria empiristica, nel circoscriversi al dominio ottico, ha urtato spesso nell'inconseguenza di aver assegnato al senso tattile il vero problema della percezione dello spazio e di essersi poi limitata a cercare come, in base alle rappresentazioni tattili dello spazio già esistenti, si compia una localizzazione delle impressioni visive coll'aiuto dell'esperienza. Una tale interpretazione non solo sta in un'intima contraddizione con sè stessa, ma contraddice anche all'esperienza, la quale mostra che nell'uomo dotato della vista le percezioni spaziali del senso della vista determinano quelle del senso tattile e non viceversa (pag. 84). Il fatto che si è osservato nella evoluzione delle specie, d'essere il tatto il senso prima conformatosi, non può qui trasportarsi allo sviluppo dell'individuo. In appoggio della teoria nativistica si sono messe innanzi come prove capitalissime, in primo luogo, le metamorfopsie dovute a dislocazioni degli elementi della retina (pag. 96), e in secondo luogo la posizione della linea di orientazione (pag. 106), che è indizio di una funzione originariamente comune ad ambedue gli occhi. Già è stato notato (pag. 96) che le metamorfopsie al pari degli altri fenomeni affini valgono a dimostrare il contrario, tosto che le alterazioni, onde hanno origine, diventano permanenti.


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Compendio di psicologia
di Wilhelm Wundt
Editore Clausen Torino
1900 pagine 452