Che inoltre la linea di orientazione non è originaria, ma sorta sotto l'influenza delle condizioni della visione, risulta dal fatto che essa in seguito a una visione monoculare di lunga durata (pag. 106), coincide colla linea visiva dell'occhio che guarda. Egualmente a favore della teoria genetica e contro la nativistica sta il fatto, che nel fanciullo la sinergia dei movimenti degli occhi si svolge sotto l'influenza degli stimoli di luce, e che con ciò si vedono a mano a mano formarsi le percezioni di spazio. Per questo, come per altri rapporti, l'evoluzione della maggior parte degli animali avviene in modo diverso, perchè le combinazioni riflesse delle impressioni della retina coi movimenti del capo e degli occhi funzionano in essi già complete subito dopo la nascita (v. sotto § 19, 2).
La teoria genetica ha ottenuto il predominio sulle teorie nativistiche ed empiristiche, prevalenti in più antico tempo, in seguito allo studio acuto, cui sottopose i fenomeni della visione binoculare. Dal punto di vista del nativismo presenta difficoltà la questione: perchè noi generalmente vediamo gli oggetti come semplici, mentre le loro imagini si disegnano su ciascuno dei due occhi. Si cercò di girare la difficoltà, e si ammise che due punti qualsivogliano della retina, identicamente situati, fossero connessi con una medesima fibra ottica, biforcantesi al ponto d'incrocio dei nervi visivi, e rappresentassero quindi nel sensorio un unico punto dello spazio. Questa dottrina dell'"identità delle due retine" non fu più sostenibile, quando altri cominciò a rendersi conto delle reali condizioni della visione binoculare corporea.
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