Inoltre siccome l'intera varietà dei processi di volere concreti era distrutta, dal concetto di una sola volontà incosciente, si giungeva allo stesso risultato psicologico che nelle vecchie teorie; in luogo della spiegazione dei reali processi di volere e delle loro connessioni, era posto un concetto generico, cui falsamente era dato il significato di una causa generale.
Anche la nuova psicologia e persino la sperimentale è spesso ancora in balìa di questa dottrina astratta della volontà così profondamente radicata. Dacchè sin dal principio si dichiara impossibile la spiegazione di un'azione mediante la concreta causalità psichica degli anteriori processi di volere, si dà come unica particolarità dell'atto di volere la somma delle sensazioni che accompagnano l'azione esterna, e che a questa, quando essa si ripeta sovente, devono immediatamente precedere come pallide immagini della memoria. Cause poi dell'atto sono ritenuti i processi fisici di eccitazione che avvengono entro il sistema nervoso. In tal guisa la questione della causalità della volontà come dalla teoria precedente è relegata fuor dalla psicologia nella metafisica, così da queste teorie è riposta fuori dalla psicologia nella fisiologia; nel fatto però essa anche qui, mentre tenta passare dalla psicologia alla fisiologia, cade nei lacci della metafisica. Dovendo la fisiologia come scienza empirica non solo ora ma in ogni tempo, perchè la questione in parola conduce a un problema senza fine, rifiutarsi di completamente derivare dalle sue premesse i processi fisici che accompagnano un atto di volere complesso, rimane come unica giustificazione a questa teoria la dottrina della metafisica materialistica: essere i così detti processi materiali l'unica realtà delle cose, e però i processi psichici doversi spiegare dai materiali.
| |
|