Questa trova la sua espressione nella legge della dualità delle forme logiche del pensiero, per la quale l'analisi proveniente da comparazione di relazioni scompone il contenuto di una rappresentazione totale dapprima in due parti, soggetto e predicato; per ciascuna di queste parti poi si può eventualmente ripetere la stessa dicotomia ancora una o più volte. Tali suddivisioni sono designate dalle categorie grammaticali, che si contrappongono a due a due e sono analoghe nel loro rapporto logico al soggetto a al predicato: le categorie di nome e attributo, verbo e oggetto, verbo e avverbio. In tal guisa dal processo dell'analisi appercettiva deriva il giudizio, che nel discorso è espresso dalla proposizione.
Per la spiegazione psicologica della funzione del giudizio è di fondamentale importanza il considerarla non come una funzione sintetica, ma come una funzione analitica. Le originarie rappresentazioni totali che il giudizio divide in parti, tra le quali esistono rapporti reciproci, sono perfettamente corrispondenti alle rappresentazioni fantastiche. Ma i prodotti di scomposizione che si ottengono in tal guisa, non sono, come nell'attività fantastica, rappresentazioni fantastiche di più limitata estensione e di maggiore chiarezza, ma rappresentazioni di concetti (idee); con tale espressione noi indichiamo quelle rappresentazioni che stanno, rispetto alle altre rappresentazioni parziali appartenenti allo stesso tutto, in una qualsiasi delle relazioni, che si ottengono applicando ai contenuti rappresentativi le funzioni generali della relazione e della comparazione.
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