Se ora si deve pur concedere, che una proprietà acquisita da un solo individuo generalmente non abbia alcuna influenza ereditaria, non si può però comprendere, perchè atti abituali, che sono bensì suscitati indirettamente da condizioni naturali esterne, ma prima si fondano su interne proprietà psicofisiche degli organismi, non possano produrre, nel caso che esse agiscano attraverso a più generazioni, mutazioni negli abbozzi embrionali, tanto quanto le influenze dirette della selezione naturale. A favore di questa conclusione sta pure l'osservazione, che specialmente dall'uomo si ereditano certi particolari movimenti espressivi e certe abilità tecniche (pag. 231). Ciò, si comprende, non esclude in alcun caso la cooperazione delle influenze naturali esterne in accordo ai fatti dell'osservazione, ma queste influenze richiedono un doppio modo di agire: in primo luogo un modo diretto, nel quale l'organismo è modificato solo passivamente dall'azione della selezione naturale; e in secondo luogo un modo indiretto, nel quale le influenze esterne determinano dapprima reazioni psicofisiche, che sono poi le cause prime delle avvenute modificazioni. Se si esclude quest'ultimo modo di agire, non solo si chiude una delle più importanti sorgenti per la conoscenza della finalità, in eminente grado manifesta negli organismi animali, ma più specialmente si rende impossibile anche la spiegazione psicologica della graduale evoluzione degli atti di volere, e la loro trasformazione regressiva in riflessi aventi carattere di finalità, quale ci si presenta per un gran numero di movimenti espressivi innati (§ 20,1).
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