Così quei primitivi gesti fonetici, che noi abbiamo supposti inizio del linguaggio, devono essere pensati come semplici azioni impulsive, che tengono dietro ad un'impressione ricca di sentimento, designandola in una maniera che, o per sè stessa o per il soccorso di altri gesti, possa essere riconosciuta dai compagni (pag. 242). Ma in modo tutt'affatto speciale le rappresentazioni mitologiche offrono traccie distinte dell'influenza, che i processi sentimentali hanno sul modo in cui procede il così incominciato sviluppo del pensare comune. Qui quell'appercezione personificante del mito si distingue dalla coscienza evoluta sopratutto per ciò, che non solo le generali condizioni normali e il contenuto sensibile della rappresentazione trasmigrano dal soggetto negli oggetti, ma che in questi il soggetto trasporta anche quel suo complessivo stato di sentimento e di volere. A chi spera, l'oggetto appare spirito protettore; a chi teme, demone che incute terrori; nei fenomeni della natura l'uomo vede una volontà, che corrisponde così all'associazione colle proprie azioni di volere come al loro effetto sul proprio stato d'animo. Parimenti quei processi, pei quali le rappresentazioni si condensano, si oscurano e si spostano, devono in primo luogo essere considerati come sintomi di modificazioni nello stato sentimentale, le quali producono dapprima un cambiamento di significato nel mito e nel costume e poi di qui influiscono anche sulla lingua.
14. Nelle comunità spirituali e in ispecie negli sviluppi di linguaggio, mito e costume che in esse si producono, ci si offrono connessioni e relazioni spirituali, alle quali, se si differenziano dalla connessione delle formazioni nella coscienza individuale, si deve però, non meno che a questa, attribuire una realtà. In questo senso la connessione delle rappresentazioni e dei sentimenti per entro una comunità sociale può essere designata come una coscienza collettiva, e le comuni direzioni di volere come un volere collettivo.
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