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      .., e nel dire così dà l'estremità sottile della mazzarócca al primo. Gli altri stanno tutti dietro a lui, pronti a svignarsela.
      Se il primo non indovina subito, allora chiede maggiori schiarimenti. Per esempio:
      - So' rossi?
      - Sì.
      - Se màgneno?
      - Sì.
      - Allora so' ccerase?
      Se indovina, la mamma grida: Mena mena!
      E i giocatori a fuggire e a nascondersi per non farsi raggiungere e picchiare, senza diritto di poter reagire.
      La corsa dura fino a che la mamma a suo piacere non grida: Morè mmorè! Allora i giocatori si affrettano a tornare dalla mamma, dicendo per non essere battuti: Pane, cacio e vvino dórce.
      La mamma, quando li ha tutti attorno a sè, finge di raccontare una storiella: Una vorta c'era un frate che cciaveva una moje che j'aveva fatto dodici fiji. Er Papa, saputo 'sto scànnelo, s'arabbió e diede ordine a la madre che cacciasse tutti li fiji der frate via da casa. Allora la mamma, tutta arabbiata, strilló: "Nun so' ppiù ffiji mia!".
      A queste parole, che sono il segnale di nuove busse, i giocatori fuggono e vanno ad appiattarsi di bel nuovo, inseguiti dal primo che li picchia dove coglie coglie. Insomma è il giuoco che ricomincia da capo.
      Se il primo non indovinasse, la mamma passa la mazzarócca al secondo, al terzo, al quarto, ecc. ecc.
      Il Belli così lo descrive: "Per consenso spontaneo de' giocatori, ovvero facendo a la conta, cioè al tocco, si elegge la mamma o mammaccia, che deve dirigere il giuoco, e che lo comincia col fare un nodo a un fazzoletto e col gettarlo in aria. Gli altri tutti a gara per riacchiapparlo; e poi quello a cui è riuscito, messosi coi compagni in circolo intorno alla mamma, dà a tenere a lei la cocca (er pizzo) col nodo, tenendo lui quella opposta.


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Usi costumi e pregiudizi del popolo di Roma
di Luigi Zanazzo
Società Tipografico Editrice Nazionale Torino
1908 pagine 297

   





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