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      Poi gli dice:
     
      Mazza-bbubbù,
      Quante corne stanno quassù?".
     
      E se il paziente (senza voltarsi, s'intende) non indovina il numero delle dita alzate, l'altro gli deve somministrare tanti pugni sul dosso, per quante sillabe contengono le seguenti parole:
     
      Si tu ddicevi cinque
      (o sei, o tre, o dieci; il numero delle dita alzate)
      Nun penavi tanto:
      Mazza-bbubbù,
      Quante corna stanno quassù?".
     
      E lo stesso compagno, o un altro scelto dalla mamma, torna di bel nuovo a domandargli quel numero che vuole, ripetendo:
     
      Mazza-bbubbù,
      Quante corne stanno quassù?".
     
      E fino a tanto che il paziente non riesce a indovinare il numero delle dita, resta sotto. Indovinatolo, cambia posto col suo contrario.
      34. - A "PPÌCCHIO".
      Notissimo giocattolo di legno a forma di pera, alla cui estremità è piantata una punta di acciaio o di ferro, alla quale si avvolge attorno una funicella chiamata sparacina, che, sfilandosi dalla mano del giocatore serve a far roteare lo strumento stesso. Questa funicella ha un'estremità a guisa di occhiello che si accomoda sulla rilevatura opposta alla punta di ferro, sulla parte superiore del picchio; e l'altra con un grosso nodo o con un piastrino di latta o di pelle forata nel mezzo; la quale estremità, acconciata nella commessura del terzo o quarto dito, serve di presa alla forza nel gettare il picchio per fare svolgere la sparacina.
      Si fa la conta. Il sorteggiato è obbligato a posare il suo picchio in terra. Allora ciascuno degli altri compagni, per numero d'ordine, deve lanciare il suo picchio in terra e poi prenderlo girante, tra la commessura del secondo e del terzo dito nella palma della mano, e farlo ricadere con forza sull'altro picchio posto in terra.


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Usi costumi e pregiudizi del popolo di Roma
di Luigi Zanazzo
Società Tipografico Editrice Nazionale Torino
1908 pagine 297