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      Da una ballata rusticana del 1464 tolta da un Ms. Casanatense, apprendiamo che per le vie di Roma le venditrici di erbaggi gridavano: il petrosello, la mempitella, il serapullo, la borrana, la persia coviella, la ramoraccia, la rughetta, e il macerone, mentre i pescivendoli urlavano offrendo a vile prezzo i castaurielli e i triuli...
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      ... Il poeta Andrea Speciale non è avaro di nuovi e curiosi particolari ricordando i venditori di farinelle per gli infermi, quelli di puleggio per le doglie del fianco, altri di secreti per la così detta mala macchia, o per campar dal morso dei serpenti: e finalmente gli spacciatori girovaghi di spezie e di pane bruscato:
     
      Per ridonare il gusto all'ammalato
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      Nel 1651 l'acquavite si chiamava in Roma la pollacchina, leggendosi in una canzonetta di quell'anno:
     
      Chi vuol dir gli acquavitariQuei che tutta la mattina
      Van gridando: pollacchina"15.
     
     
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      Parimenti veniamo a sapere che i venditori ambulanti per invogliare le signore a comperare la seta valutata in quei tempi ad alto prezzo, si contentavano di barattarla con farina... Così sappiamo che le ricotte si vendevano dandole a saggio gratuitamente in una scodelletta; e che a vendere i coltelli s'industriavano le donne, ma senza gridare... Che le palle moscate erano sì accette al bel sesso che i giovani innamorati, per aver l'occasione di parlare alle loro belle, si trasformavano sovente in aromatari, cioè in venditori di saponi profumati.


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Usi costumi e pregiudizi del popolo di Roma
di Luigi Zanazzo
Società Tipografico Editrice Nazionale Torino
1908 pagine 297

   





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