Villa Poveròmmini: Orto botanico sul Celio.
Vìtèlla (Condannato una): Essere condannato una vitélla vale essere condannato a vita.
Zaffi: Birri.
Zagnotta: Bagascia.
Zarlatta: Idem.
Zéppi: Mani.
Zéppo: Re.
Zòccoli: Piedi.
GERGO DEI NUMERI DEI "BAGARINI"
O MONOPOLISTI DI COMMESTIBILI, PESCIVENDE, ECC.
Alèffe o Ninétto: Uno. Dall'ebraico Aleph: uno.
Bèdene: Due. Dall'ebraico Beth: due.
Bèdene-vaghézzi: Due soldi e mezzo. Dall'ebraico Va-chezî: mezzo.
Ghìmene: Tre. Dall'ebraico Ghimel: tre.
Ghìmeme-vaghézzi: Tre e mezzo. Dal vernacolo ebraico: Va-chezî: mezzo.
Arbano: Quattro.
Camìcia: Cinque.
Cicia: Sei.
Cingà: Sette.
Cimóne: Otto.
Novèna: Nove.
Fiori o fioràna: Dieci. Ora per dire dieci si dice anche Un déto e nel dir così si mostra all'incantatore il póllice.
PICCOLO SAGGIO DEL GERGO DEI MERCIAI DI ROMA.
Lebbo: Bello.
Trubbo: Brutto.
Pachelo o Palecco: Cappello.
Sparche: Scarpe.
Nami: Mani.
Sumo: Muso.
Sivo: Viso.
Tracavva: Cravatta.
Un cranfo e zemmo: Un franco e mezzo.
Raquanta rile: Quaranta lire.
Glipa, ecc: Piglia, ecc.
Tiè chiodo loque: Tien d'occhi quello.
Daba che bura, ecc: Bada che ruba, ecc.
Alcuni invece intercalano ogni sillaba delle parole con un vi, con un ti, ecc.
Per esempio, per dire: Bada che ruba, diranno: Vibavidavi che viruvibavi, ecc.
Un suonatore di teatro, un musicante, ad esempio, per dire che sta in bolletta, dirà ai suoi colleghi: Sto ssénza chiave in do o anche: Nu' stanzia pila in berta.
Un vetturino o cocchiere, per dire a un suo collega che ha più debiti che crediti, dirà: So' più lladri che sbirri.
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