S. Maria aprutiensis
intatta, parrebbe destinata a condurre i difensori sino al primo piano del supposto bastione, ed anche perché una diligente osservazione ci assicura che la torre è integra tuttora nei suoi quattro angoli, come mostrano le nostre tavole (I e VI). Ed anche la grossezza delle mura, (metri 1.30) che, come vedemmo (§ 7), fece confermare il Muzii, che le credette anche maggiori del vero, nel-1' opinione tradizionale, che si trattasse di una torre (campanaria o no), rinforza la nostra ipotesi. Che poi cotesto edifizio appartenga all'epoca suddetta del vi secolo circa di Roma e non, ad esempio, a quella imperiale posteriore e neppure ad un' anteriore, quanto è dire degl' indigeni Pretuzziani, crediamo poter dimostrare nel seguente modo. Da una parte la grandiosità e la regolarità della costruzione non possono attribuirsi ai nostri antichi popoli indigeni, le cui superstiti memorie si legano non certo a monumenti ciclopici o pelasgici che vogliano dirsi, sibbene a sepolcri ad inumazione a cadavere rannicchiato e di fattura semplice con letto di ghiaia e con suppellettile funebre scarsa di bronzo e abbondante di ambra, come narrammo altrove. (l) Né poi dall' altra parte puossi assegnare al florido evo imperiale il nostro edifizio, giacché a quello invece appartenne il musaico già descritto e per la qualità del lavoro e, meglio ancora, per trovarsi sì vicino e quasi addossato alla così detta torre bruciata ; il che ci fa credere che la casa romana
(i) FR. SAVINI, // comune teramano, ecc. (Roma, 1895). Disc. prelim.