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Carta Idrografica d'Italia
Sangro - Salino - Vomano - Tronto - Tordino e Vibrata
Ministero di Agricoltura Industria e Commercio
Tipografia Nazionale di G. Bertero & C., 1903, pagine 209

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Fossacesia (m. 173), d'onde per un lungo e dolce pendio e per la pianura litoranea il contine del bacino raggiunge la foce.
   Tracciato cosi lo spartiacque generale, diremo della linea interna che separa il fiume Aventino dal Sangro, trascurando tutti gli altri influenti.
   Questa linea comincia presso il monte Secine, del quale taglia la vetta (m. 1883), prosegue sui suoi contrafforti di nord-est, detti ITre Monti, e passa sulla serra Montillo che percorre su tutta la lunghezza, abbandonandola per portarsi sui monti Ferrrari (in. 1273 e 1251) posti a ridosso dell'alpestre paese di Montenerodoino (ni. 1192). Da qui va al monte dell'Irco (in. 1037), rasenta Torricella Peiigna (m. 901) ed abbandona gli alti monti per seguire una lunga serie di colline, le principali delle quali sono: colle Zingaro (in. 754), monte Cannone (m. 729), colle S. Angelo (ni. 530) e monte San Pancrazio (ni. 611), a cui fanno seguito minori elevazioni a dolci pendici, che terminano al Sangro, sotto Sant'Angelo, alla quota di 92 m.
   Aspetto del bacino. — Il bacino che esaminiamo è, come abbiamo accennato a principio della descrizione orografica, estremamente alpestre. 11 suo aspetto generale però, (piando la neve, abbandonati i fianchi dei monti, si è ritirata sulle più alte vette e quando la buferaela nebbia non stendono il loro tetro velo nella vallata, non appare cosi selvaggio come a bella prima potrebbe sembrare. Senza per nulla perdere del pittoresco che le alte e dirupate montagne, le frequenti ed aspre gole in cui scorre il fiume e l'intenso imboschimento, gli conferiscono, pure i non rari altipiani, le frequenti distese alluvionali coltivate ad ortaggi, che si allargano all'uscire dalle franose e cupe ristrette, i numerosi paesi lungo le sponde del fiume in comunicazione per mezzo di ottime strade rotabili, molto battute per buona parte dell'anno, gli conferiscono speciali attrattive, che divengono seducenti addirittura, dal maggio all'ottobre, (piando il clima, altrove cocente, qui appena ricorda quello primaverile delle regioni meno elevate. Ma non tutto ridente vi è, nè tutto orrido, nelle diverse stagioni, poiché nei tronchi inferiori, se meno si risente la desolazione invernale delle regioni montane, spariscono pure gl'incanti primaverili e subentra l'aridità estiva delle campagne meridionali.
   Questi diversi aspetti non paiono fra loro compatibili in una regione non troppo estesa e quasi meridionale, ma pochi cenni basteranno a distruggere l'apparente anomalia.
   Appena riuniti i primi rami del Sangro, che scendono dagli erti monti, la valle di questo si allarga nella ampia conca di Pescasseroli, formando una pianura lunga tre chilometri e larga più di uno, seguita, dopo lievissima stretta, da altra ampia valle, che va ad infrangersi contro il già promontorio di Opi, ora ridotto ad isola. Questo promontorio era costituito dal monte Marrone, il quale nei tempi remoti spingeva a sud un poderoso sperone, alto oltre 150 metri, e lungo circa S00, che si frapponeva normalmente al corso del fiume sbarrandolo ed obbligandolo ad allagare alle spalle ed a dirigersi al punto più debole dell'ostacolo, formando cascata, la quale però non fece che allargare una preesistente frattura, dovuta ad altre cause, come in seguito diremo, trasformandola nella presente gola ove scorre il Sangro.
   Dopo questo stretto passaggio nuovamente si allarga la valle, ma non quanto prima, né per cosi lungo tratto; anzi ben presto, non appena passati i molini ili Opi, ritorna discretamente incassata, fino al Casone, e più ancora dopo, lino a Villetta Barrea, cioè per una lunghezza di circa tre km. Indi succede un'altra bella prateria che termina presso Barrea, al ben nolo Ponte del Diavolo, ove il fiume entra in quel caratteristico dirupo, detto la gola del Sangro, nel quale il fiume scorre fra alti appicchi, girando attorno a grossi inassi dì roccia tagliali verticalmente, tormentato da frane di ogni genere, che molle volte ostacolano il transito lungo la riva. Degna di nota è, in questo tratto, la relativamente piccola pendenza dell'alveo, del 12 per mille appena in media, cioè inferiore a quella di altri tronchi che scorrono in pianura, ciò che può sembrare cosa straordinaria, ma non lo ù, come in seguito vedremo.