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Carta Idrografica d'Italia
Sangro - Salino - Vomano - Tronto - Tordino e Vibrata
Ministero di Agricoltura Industria e Commercio
Tipografia Nazionale di G. Bertero & C., 1903, pagine 209

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   sembra si debba ricercare nella posizione delle roccie varie della vallata dell'Aventino, che ripeteremo brevemente, sebbene già se ne sia detto nella descrizione geologica.
   La Majella sovrasta direttamente la zona di cui parliamo. Essa, o meglio tutto il grande ammasso centrale, è costituito da calcari molto permeabili, i quali sul versante dell'Aventino sono fasciati. lino ad una certa altezza, da altri calcari marnosi, che sembrano appoggiati alle pendici, tanto la loro inclinazione è concordante con queste ed i loro dislocamenti avvengono per sdrucciolamento senza che si sconvolga la stratificazione. Questi calcari marnosi, poco permeabili, oppongono lungo le falde dei monti, un primo ostacolo alla dispersione delle arque sotterranee assorbite dal nucleo permeabilissimo centrale. Ma ad impedire qualsiasi altra perdila intervengono le argille del pliocene, che nella destra dell'Aventino ove mancano gli alti monti, dominano assolutamente e sulla sinistra si alzano irregolarmente, raggiungendo 800 metri di quota presso Palena, 400 metri circa verso Ta-ranla, 000 metri a Lama dei l'eligrù e presso Fara San Martino, per abbassarsi in ultimo nella gola ove nasce il fiume Verde, al livello delle sorgenti omonime.
   Supposto quindi che i filetti acquei dalla Majella si dirigano al fiume con percorso normale a questo, non possono defluire che nei due luoghi sopradetti, cioè presso Taranta e sotto Fara San Martino, nel fiume Verde, ove le argille si trovano a quota più bassa che altrove e lasciano scoperti i calcari fino all'alveo, perchè negli altri punti incontrando t'ostacolo impermeabile presso la fronte, debbono scorrere internamente, dietro di questo, con direzione parallela al fiume stesso fino presso le Acquevive, prima e poi, trovando le argille nuovamente rialzate e non potendo risalire, fino al al fiume Verde.
   Sorgenti del fiume Verde. — Sul versante orientale del monte Amaro, la vetta più alta della catena della Majella, alcuni valloni si presentano profondamente incavati, con pareti a picco, o franosissime, orridi e inaccessibili.
   Ove uno di essi, detto di Santo Spirito, volge al fine, cioè quando s'allarga alquanto per passare poi a più dolci declivii, dal suo letto formato da un potente ammasso di detriti calcarei, asciutto in ogni tempo, quasi anche dopo pioggie dirottissime, subito assorbite dal permeabilissimo suolo, sgorgano le prime polle delle sorgenti di cui parliamo, seguite poco appresso da altre sulla sponda sinistra del fosso, a pochi metri sid fondo, pure fra i detriti calcarei, che alquanto ancora si elevano sulle pendici.
   Poco più in giù nuove polle erompono, quasi allo sbocco di una vallecola laterale, e poi altre ancora, tutte man mano più elevate sul fondo del fiume, dimostrando cosi di far parte di una sola lunga lama (piasi orizzontale. Nel loro assieme occupano una fronte di alcune centinaia di metri e l'acqua raccolta nei canali industriali e nel fosso, forma il fiume Verde, che può dirsi nasca tutto d'un tratto, passando il suo alveo da aridissimo vallone ad un pingue corso perenne.
   Parlando delle Acquevive e, prima ancora, nella descrizione geologica di tutto il bacino, abbiamo detto come presso Fara San Martino si p-esenti una specie di. squarciamento nelle argille e sabbie impermeabili, che ha scoperto nella profonda gola i calcari, lasciando a quota relativamente bassa, un'apertura permeabile, dalla quale le acque sotterranee sfuggono. Aggiungiamo che a destra del vallone, ove giace il paese predetto, le argille, potenti alcune centinaia di metri, discendono all'alveo e rimontano sull'altra sponda, impedendo le dispersioni, anzi costringendo le acque sotterranee a raccogliersi e sgorgare in quel breve tratto che abbiamo indicato.
   Queste acque, limpidissime, ottime di sapore, hanno 8. 50 ed 8. 75 di temperatura. Dopo lo sbocco scendono turbinose nel sassoso alveo, derivate e restituite dai numerosi opifici da esse animati, lino a che, diminuita la pendenza e non più utilizzate, proseguono meno rapide verso l'Aventino, al quale apportano maggiore tributo perenne di quello già raccolto in alto, sopra Falena e presso Taranta.