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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   e sente; si leva gigante a capo della Valle, come il signore di essa, e, con l'ardua punta, scopre, dicono, fin la remota riva della Dalmazia. E par che si alzi sui piedi, e aderga la testa e le spalle per vegliare da lungi sul-l'antico e glorioso mare d'Italia, o, meglio, per scoprire altri suoi fratelli lontani, soli degni dei suoi sguardi e del suo amore. Sembra a volte di vedergli gonfiare l'immenso petto roccioso dalla soddisfazione intima e piena per il proprio sublime aspetto, per l'aria purissima che gli è dato di godere, e per le mirabili cose che può perennemente scoprire e ammirare. Molti vedono nel suo dentato superbo profilo l'immagine di Napoleone, di que-st'anima sublime, che, lasciate le misere forme umane, dov' era imprigionata, erra di vetta in vetta per trovare, nell' eternità delle rocce e dei dirupi, una forma che sia degna d'incarnare tutta la sua inusata grandezza.
   Colledara non conta che poco più di cento abitanti ; ma, benché il villaggio sia così piccolo, pure è diviso in due parti: una più alta e una più bassa; ed ha due nomi : quello di Colledara, che appartiene in proprio alla parte più bassa, e serve, oltre a ciò, a indicar tutto il villaggio nel suo insieme, e quello di Capo di Colle, che è il nome della parte più alta, o, diremo, dell'acropoli. E qui sorge, circondata di tugurii e d'ulivi, la mia casa paterna, o « il palazzo », come lo chiamano i contadini.
   Quando io cominciai ad aver coscienza d'essere al mondo, era ancor molto fresca, in casa, la memoria dei miei nonni paterni, morti poco tempo prima ch'io nascessi. La mia mente si affaticava a ricostruire l'immagine, scomparsa per sempre, di quei miei avi, i quali non